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dai GIORNALI di OGGIL'inchiesta per appropriazione indebita. Prodotti televisivi comprati da Agrama e rivenduti a prezzi gonfiati alla Fininvest Diritti tv, a Milano l'atto d'accusa quel socio occulto di Berlusconi Per i magistrati l'intermediario in realtà era d'accordo con il Cavaliere 2009-09-22 |
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REPUBBLICA per l'articolo completo vai al sito Internet http://www.repubblica.it/2009-09-22 L'inchiesta per appropriazione indebita. Prodotti televisivi comprati da Agrama e rivenduti a prezzi gonfiati alla Fininvest Diritti tv, a Milano l'atto d'accusa quel socio occulto di Berlusconi Per i magistrati l'intermediario in realtà era d'accordo con il Cavaliere di PIERO COLAPRICO ed EMILIO RANDACIO Diritti tv, a Milano l'atto d'accusa quel socio occulto di Berlusconi MILANO - Appropriazione indebita, "chiunque per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto si appropria del denaro altrui". La chiusura dell'indagine, preludio della richiesta di rinvio a giudizio per Silvio Berlusconi (un metro cubo di carte fascicolate con copertina azzurra), è già pronta nell'ufficio del pubblico ministero Fabio De Pasquale. Che, con procuratore e aggiunti, dovrà decidere ora se formalizzare il passo prima o dopo la sentenza della Consulta sulla legge Alfano che rende immune il capo del governo. I pubblici ministeri temono polemiche e clamori. Non sanno decidere quale delle due opzioni sia la più low profile. Consegnarla prima del giorno del giudizio della Corte può sembrare una sfida ai giudici costituzionali. Dopo la decisione della Consulta, quale che sia, una vendetta o un'aggressione al premier. Si vedrà. Quel che già da oggi è chiaro sono le ragioni, il quadro probatorio che ha convinto la procura a definire la nuova accusa contro Silvio Berlusconi. L'ufficio del pubblico ministero si trova, da quattro anni, di fronte a questa domanda: il patron di Fininvest/Mediaset era soltanto, come si legge nelle carte, l'end user - l'"utilizzatore finale", direbbe Niccolò Ghedini - dei diritti televisivi acquisiti da un costosissimo intermediario (Frank Agrama)? Oppure l'esoso intermediario era il "socio occulto" di Berlusconi che così poteva lasciare all'estero, fuori bilancio, ghiotti profitti? Il pubblico ministero ha concluso che "fino al 2005, vi sono seri elementi di fatto per ritenere che Silvio Berlusconi sia il "socio occulto" di Agrama e ne abbia diretto e utilizzato l'attività allo scopo di sottrarre denaro alle società italiane (Fininvest e successivamente Mediaset) e allocarlo su canali esteri" ai danni degli azionisti, del fisco americano e italiano. Il metodo non era poi così complicato. Già intravisto e indagato nell'indagine per i diritti televisivi truccati, oggi in fase processuale, le "sottrazioni" in questo nuovo affare - Mediatrade - si fanno se possibile più elementari. Il gigante Mediaset rinuncia a trattare i diritti televisivi direttamente con le majors, come personalmente faceva fino agli anni ottanta Silvio Berlusconi. Affida un incarico a un egiziano diventato cittadino americano, Frank Agrama. Agrama acquista i diritti e li rivende "alle società di Berlusconi a prezzi enormemente gonfiati". Con un particolarità che si può raccontare con le parole un po' tortuose del pubblico ministero: "Dall'esame dei documenti si è avuta contezza dell'esistenza di trasferimenti ripetuti e di ingente ammontare posto in essere in anni recenti da una società di Agrama (Wiltshire trading) a favore di una serie di soggetti titolari di conti in Svizzera che ragionevolmente appaiono configurare una modalità di "restituzione" di una parte degli illeciti proventi ottenuti attraverso la vendita di diritti televisivi a prezzi gonfiati a società del gruppo Mediaset". Per semplificare. A Los Angeles si acquista a cento. A Milano si rivende a mille (le quantità sono indicative). La differenza tra cento e mille resta all'estero e Agrama si preoccupa curiosamente di appoggiare ("restituire") quei profitti su conti nella disponibilità di manager Mediaset, in Svizzera, nel Principato di Monaco, alle Bahamas. Di quel denaro, i pubblici ministeri hanno individuato una tranche in un piccola agenzia dell'Ubs nei pressi di Lugano, cento milioni di dollari, più o meno. Questo schema truffaldino ha trovato un'inaspettata conferma nelle testimonianze di Roberto Pace, direttore dei diritti Mediaset dal 1998 al 2002; di Bruce Gordon, massimo responsabile delle vendite della Paramount; e addirittura in una lettera autografa di Frank Agrama. Roberto Pace è un esperto di format televisivi e nel '98 viene chiamato in Mediaset con l'incarico di rimettere in sesto i conti dell'area dei diritti in azienda. Controlla i bilanci. Si accorge che qualcosa non va. E questo qualcosa ha il nome di Frank Agrama. Perché io devo pagare questa sanguisuga, si dice Pace, per un lavoro che possiamo fare da soli, direttamente e senza pagare nessuno? "Fin da subito - ricorda Pace ai pubblici ministeri - manifestai ad Agrama l'intenzione di concludere direttamente con Paramount senza utilizzare la sua intermediazione. Ricordo di avergli mandato anche delle lettere in cui gli spiegavo che per motivi di budget non potevamo più prendere in considerazione le sue proposte d'acquisto di nuovi prodotti televisivi". Non è facile disfarsi dell'intermediario. L'osso è duro. Non arretra. Come mai? Il manager è sveglio, ma non capisce subito dove ha messo le mani. L'ostacolo americano insinua, allude, minaccia. "La pressione di Agrama - riprende Pace - cominciò a diventare piuttosto intensa. Ricordo un discorso molto aspro. Mi disse che forse non avevo capito "chi era lui e che tipo di rapporti avesse lui con la famiglia". Era molto arrogante e sicuro del fatto suo e voleva che gli venissero garantiti per il futuro, gli stessi volumi del passato, cioè almeno 40 milioni di dollari l'anno". All'affondo di Agrama seguono i "segnali" interni. "Fu Daniele Lorenzano (responsabile per i diritti sul mercato americano) che mi fa capire come "Agrama fosse amico del Gruppo": era inopportuno questo atteggiamento di chiusura nei suoi confronti. Per rendere ancora più limpido il messaggio, Lorenzano fu molto diretto e mi disse che "aveva parlato con il Dottore" e che questa situazione con Agrama era insostenibile e bisognava venire incontro alle sue richieste". Chi sia "il Dottore" è noto a tutti, in Mediaset, ma per Pace, ostinato, "il riferimento a Berlusconi, il Dottore, non era per me sufficiente". Pace decide di parlarne anche con Pier Silvio Berlusconi. "Capii che Pier Silvio non voleva essere coinvolto in questa faccenda. Fu il presidente di Fininvest Aldo Bonomo a domandarmi per quale motivo ci fosse stata una contrazione degli acquisti per gli affari di Agrama". Pace cede e fa di più. Si uniforma all'andazzo. Diventa " consulente" di Agrama e, come ammette, incassa dal 1998 al 2002, 4,5 milioni di dollari, ora sequestrati in Svizzera. A questo punto i pubblici ministeri hanno in mano un filo che dimostra come tagliare il legame tra "il Dottore" e l'intermediario americano fosse, per un management non consapevole, impossibile. Forse, addirittura pericoloso. Devono fare un passo in più. Approfondire meglio la qualità del rapporto tra Agrama e Berlusconi. Intermediario e committente o soci occulti? Ai loro occhi, scioglie il mistero Bruce Gordon, responsabile della vendite della Paramount. E' una fortuna imbattersi nelle sue parole secche e ricordi inequivoci. Dice Gordon: "Per me Agrama è un rappresentante di Silvio Berlusconi, però ignoro il legame giuridico esatto che esisteva tra loro". E' un fatto, dice, che in Paramount le società di Agrama (Harmony Gold e Wiltshire Trading) "sono indistintamente indicate come Berlusconi companies e l'esposizione creditoria come Berlusconi receivables". Dunque, non esistevano gli affari di Agrama, ma soltanto quelli di Berlusconi. Lo stesso nome di Agrama era sostituito dal nome dell'altro. E' un fatto che in Paramount sono convinti che ci sia Berlusconi dietro quegli affari. La conferma, ricorda Gordon, viene direttamente da Agrama che gli assicura come le responsabilità politiche assunte, nel 1994 e nel 2001, da Berlusconi non gli impediscono di sovrintendere agli affari di Mediaset, come ha fatto fino ad allora. "Agrama - ricorda Bruce Gordon - ha sempre detto che Berlusconi era il suo miglior amico, che poteva chiamarlo senza problemi. Ha detto che aveva chiamato il sig. Berlusconi per congratularsi quando fu nominato presidente del consiglio. Agrama ci diceva che continuava a riferire a Silvio Berlusconi sulle negoziazioni per l'acquisto dei film anche dopo la sua nomina a presidenza del consiglio. Diceva che Berlusconi era impegnato per giustificare il suo ritardo nel fornirci una risposta nell'ambito di queste negoziazioni". Ricapitoliamo. Agrama è un intoccabile perché fa gli interessi della "famiglia". Chi ci prova, si scotta le mani perché non sa che Agrama è Berlusconi come è chiaro agli uomini della Paramount. Che sono consapevoli come l'incarico di governo del "Dottore" non abbia mutato di una virgola quella "sovrapposizione" di interessi. La conferma cade tra le braccia dei pubblici ministeri in modo fortunoso. Alla Fininvest sono in allarme per le indagini intorno ai diritti televisivi. Frank Agrama diventa un punto sensibile. Meglio scavare un fossato tra Los Angeles e Milano. Allontanarlo. Minimizzare il suo contributo alle fortune del gruppo. Ancora una volta Agrama non ci sta. Alza voce. In una riunione del 17 ottobre 2001 sventola sul naso dei massimi dirigenti misteriosi foglietti. Dice, alterato: "E non scordatevi che di questi pezzi di carta ne ho migliaia. Fatevi i vostri conti". Per essere più esplicito, il 30 ottobre 2001, scrive: "Abbiamo già discusso della natura del nostro rapporto e del grande impegno profuso, da me personalmente, a favore di tutti i componenti del Gruppo Berlusconi in generale, e della famiglia in particolare". Ma questa è storia di domani. (22 settembre 2009)
Lo scandalo Berlusconi, una tragedia per l'Italia "A causa dell'erosione della vita politica del Paese di cui Berlusconi si è reso responsabile nemmeno la sua dipartita potrebbe offrire all'Italia una chiara via verso il rinnovamento" di GEOFF ANDREWS Lo scandalo Berlusconi, una tragedia per l'Italia Silvio Berlusconi pubblicato su www. opendemocracy.net il 29 giugno 2009 Silvio Berlusconi, lo statista-populista di maggior successo dell'era moderna, ha messo a punto ormai da molto tempo l'arte di passare oltre la testa dei politici di professione per mirare direttamente alla "pancia" - anziché al "cervello" - dell'italiano medio. Durante i suoi tre mandati da primo ministro (dal maggio 1994 al gennaio 1995, dal giugno 2001 al maggio 2006 e dal maggio 2008 a oggi) Berlusconi ha assistito all'alternarsi di sette leader del centrosinistra, finendo cosí per affermarsi come figura dominante del panorama politico italiano. In questo, la sua abilità nel controllare i mezzi di comunicazione e trarre vantaggio persino dalle critiche che gli vengono rivolte si è rivelata una risorsa di valore inestimabile. Questo modello di dominazione potrebbe forse cambiare di qui a breve? Che la lunga egemonia di Berlusconi abbia ormai i giorni contati? L'ultima raffica di vicende e scandali - riguardanti i suoi rapporti con giovani donne, a cominciare da Noemi Letizia, l'amica diciottenne di Napoli che lo chiama "Papi" - sono certamente le più compromettenti tra quelle che Berlusconi ha dovuto affrontare, e il fatto stesso che egli non sia più in grado di controllare gli eventi è di certo molto significativo. ORIGINAL ENGLISH VERSION Si è intanto diffusa la sensazione che nell'ambito della vicenda il destino di Berlusconi abbia assunto un rilievo secondario, dal momento che gli eventi che hanno travolto il premier settantaduenne e a cui la stampa nazionale e internazionale dedicano ormai ampio spazio non possono più essere ridotti ad una semplice questione di condotta personale. La crisi di Berlusconi rispecchia semmai la singolare tragedia dell'Italia moderna. Una bufera che investe i media e la politica. In passato, Silvio Berlusconi aveva già richiamato su di sé le critiche dei mezzi di comunicazione. Questa volta però dalle continue affermazioni di giovani donne che dichiarano di aver ricevuto da lui denaro in cambio di prestazioni sessuali rivela al cuore della politica italiana la presenza di una trama di raggiri e inganni. È vero, malgrado le smentite del premier al riguardo, raramente nel corso della sua carriera sfera pubblica e privata sono rimaste separate. Gli ultimi eventi hanno però rivelato con grande eloquenza sino a che punto i valori di Silvio Berlusconi siano profondamente radicati nella vita pubblica italiana. La sua sprezzante reazione di fronte alle affermazioni di diverse donne - che dichiarano di aver avuto con lui incontri sessuali in cambio di denaro, dell'opportunità di lavorare nel suo network televisivo o della candidatura nel suo partito - indica una tale mancanza di trasparenza all'interno del sistema politico italiano e rappresenta una minaccia alla libertà dei mezzi di comunicazione che in qualsiasi altra democrazia occidentale sarebbero considerate inaccettabili. Per diverse settimane Berlusconi ha ignorato queste dichiarazioni, rifiutandosi inoltre di rispondere alle domande che gli venivano rivolte (tra gli altri, da Open Democracy: vedi Silvio Berlusconi: ten more questions [5 giugno 2009] e Silvio Berlusconi: answers, please [9 giugno 2009]). Era dunque prevedibile che il primo ministro decidesse di ignorare i tradizionali canali di trasparenza democratica per affidare alla rivista di gossip Chi, di cui è proprietario, le proprie smentite. Il suo comportamento lascia pensare che alla politica, in Italia, sia subentrata la personale esibizione di onnipotenza. In quali abissi potranno ancora sprofondare la decrepita cultura politica nazionale e il suo corpo politico degenere? Dall'otto al dieci luglio l'Italia ospiterà il G8, e in quell'occasione la condotta del premier sarà al centro dell'attenzione. Nell'ambito della comunità internazionale, Berlusconi è più isolato che mai, e conta come unico stretto alleato il presidente russo Dmitry Medvedev. I segnali che indicano come l'indebolirsi della sua posizione nuoccia alla reputazione stessa dell'Italia sono numerosi, e vanno dalle imbarazzate reazioni degli altri leader di fronte alla sua condotta al tentativo compiuto da un gruppo di esponenti del mondo della cultura di convincere le "first ladies" del G8 a boicottare l'incontro de L'Aquila. Persino i suoi rapporti con la Chiesa cattolica sono tesi: dopo un fugace riavvicinamento avvenuto in occasione del suo tentativo di far approvare un decreto che salvasse la vita di Eluana Englaro, le ultime indiscrezioni emerse sul conto di Berlusconi hanno spinto alcuni autorevoli rappresentanti ecclesiastici ad ammonirlo (l'arcivescovo Angelo Bagnasco, di Genova, ha esplicitamente condannato "gli uomini ubriachi di un delirio di grandezza"). La crisi però non riguarda solo i suoi rapporti con giovani donne. Il 21 maggio scorso Berlusconi aveva definito il Parlamento italiano "inutile", aggiungendo che cento parlamentari sarebbero sufficienti a svolgere il lavoro necessario. Lo scorso febbraio, una sentenza del tribunale ha stabilito che Berlusconi ha corrotto l'avvocato britannico David Mills affinché questi affermasse il falso - Berlusconi intanto, è al riparo da eventuali accuse grazie alla legge sull'immunità parlamentare approvata dal suo governo. Il primo ministro non ha dato alcuna spiegazione al riguardo. La reiterata mancanza di rispetto nei confronti della trasparenza dei procedimenti democratici da parte del leader eletto del Paese ha spinto La Repubblica - che ha svolto un esemplare lavoro di ricerca della verità nell'operato di Berlusconi - a sottoporgli altre dieci domande (vedi Le dieci domande mai poste al Cavaliere, [14 maggio 2009] e Le dieci nuove domande al Cavaliere [La Repubblica, 26 giugno 2009]). Anche l'atteggiamento del governo nei confronti dei mezzi di comunicazione che non sono sotto il suo controllo appaiono però problematici. Berlusconi ha esortato le aziende a non comprare spazi pubblicitari sul settimanale L'Espresso, pubblicato dallo stesso gruppo editoriale di cui fa parte La Repubblica, mentre il ministro per la Cultura (nonché stretto alleato di Berlusconi) Sandro Bondi ha definito il quotidiano "una minaccia alla democrazia". Un modo decisamente insolito per definire il normale funzionamento di un giornale nell'ambito di una società libera. Inoltre, il direttore della rete pubblica Rai - che rientra nell'impero mediatico di Berlusconi - ha deciso di non mandare in onda alcuni particolari riguardanti le accuse che vedono coinvolto il premier, con una decisione che in Gran Bretagna corrisponderebbe al rifiuto da parte delle Bbc di coprire lo scandalo sui rimborsi dei parlamentari. Berlusconi e quel che verrà. L'Italia è un Paese molto diviso, e le condanne che la stampa internazionale ha lanciato al suo leader toccano solo una parte della popolazione - ma contribuiscono a diffondere un clima di vergogna e imbarazzo tra gli italiani che vivono dentro e fuori l'Italia, la cui identità è legata al personaggio di Silvio Berlusconi. La consapevolezza che le cose non possono continuare in questo modo è sempre più diffusa; e insieme all'intensificarsi delle critiche sollevate dalla stampa estera è aumentato il numero degli italiani che hanno deciso di dare sfogo alla propria rabbia e appellarsi agli alleati occidentali affinché proseguano con le loro indagini. Tra l'altro, alcuni dei più stretti alleati di Silvio Berlusconi hanno indicato a Guy Dinmore, corrispondente da Roma del Financial Times, di volersi preparare ad un futuro senza di lui (vedi Berlusconi whispers grow louder, pubblicato dal Financial Times il 25 giugno scorso): sono chiaramente molto preoccupati al pensiero di dove possa condurli questa pista di comportamenti dubbi e forse illeciti. Secondo Giuliano Ferrara, direttore de Il Foglio nonché uno dei più scaltri alleati di Berlusconi, l'Italia potrebbe presto trovarsi di fronte ad un nuovo "24 luglio" - in riferimento al giorno (del 1943) in cui Mussolini fu allontanato da Vittorio Emanuele III e in seguito al quale fondò la Repubblica di Salò. L'Italia si trova ancora una volta alle prese con un leader ossessionato dal potere, che dopo essersi posto al di sopra della legge e ritenendosi invincibile potrebbe decidere, in un estremo gesto di sfida, di far cadere altri insieme a sé. Viviamo tempi inquietanti per tutti coloro che - a prescindere dal proprio orientamento politico - hanno a cuore l'Italia. Berlusconi non rassegnerà facilmente le dimissioni: se rinunciasse al potere - volontariamente, o sulla scia di pressioni - perderebbe l'immunità parlamentare e rischierebbe di dover rispondere di nuovi capi d'accusa. All'interno del suo partito intanto non è ancora emerso un possibile successore in grado di raccogliere ampi consensi. L'opposizione continua ad essere molto debole, e non si scorge alcuna imminente possibilità di riforme - di cui il sistema costituzionale italiano ha grande bisogno - né il sorgere di alcun movimento popolare mirato al rinnovamento. Gli unici a trarre vantaggio politico dai problemi di Berlusconi sono, ad oggi, gli xenofobi della Lega Nord, che alle elezioni per il Parlamento europeo del 6-7 giugno hanno ottenuto dei buoni risultati. La Lega si dimostra ancora una volta un alleato scomodo, come accadde nel dicembre del 1994, quando cadde il primo governo Berlusconi. Ammesso che sopraggiunga, la fine del regno di Berlusconi potrebbe essere lunga e dolorosa, e annunciare per l'Italia un avvenire cupo. Una vera tragedia. Geoff Andrews è docente di politca presso la Open University, è co-direttore della rivista Soundings e autore di Un Paese Anormale (effepilibri, 2007) e The slow food story: politics and pleasures (Pluto Press/McGill-Queen's, 2008). (Traduzione di Marzia Porta) (3 luglio 2009)
Le motivazioni del Tribunale di Milano: secondo i giudici l'avvocato inglese agì "da falso testimone" e consentì al Cavaliere "l'impunità dalle accuse di corruzione" La sentenza di condanna di Mills "Mentì per salvare Berlusconi" La posizione del presidente del Consiglio è stata stralciata grazie al Lodo Alfano La sentenza di condanna di Mills "Mentì per salvare Berlusconi" L'avvocato Mills * Multimedia * REPUBBLICA TV: Cronaca e commenti MILANO - "Mentì per salvare Berlusconi". Per questo l'avvocato inglese David Mills è stato condannato a Milano a 4 anni e 6 mesi dai giudici milanesi. Il legale, condannato per corruzione in atti giudiziari agì "da falso testimone "per consentire a Berlusconi e alla Fininvest l'impunità dalle accuse, o almeno, il mantenimento degli ingenti profitti realizzati". E' questo uno dei passaggi delle motivazioni (leggi il documento completo), circa 400 pagine, della sentenza con la quale il tribunale di Milano ha motivato la condanna del legale inglese. Mills, scrivono i giudici nelle motivazioni, "ha agito certamente da falso testimone da un lato per consentire a Silvio Berlusconi e al gruppo Fininvest l'impunità dalle accuse, o, almeno, il mantenimento degli ingenti profitti realizzati attraverso il compimento delle operazioni societarie e finanziarie illecite compiute sino a quella data, dall'altro ha contemporaneamente perseguito il proprio ingente vantaggio economico". I giudici milanesi ricordano che oltre ai 600mila dollari ritenuti "il prezzo della corruzione", Mills nel 1996 percepiva direttamente da Berlusconi almeno 45mila sterline dichiarate al fisco inglese. "Enormi somme di denaro, estranee alle sue parcelle professionali" che il legale riceveva da Berlusconi. In pratica, scrivono ancora i giudici, "la condotta di Mills era dettata dalla necessità di distanziare la persona di Silvio Berlusconi dalle società off shore, al fine di eludere il fisco e la normativa anticoncentrazione, consentendo anche, in tal modo, il mantenimento della proprietà di ingenti profitti illecitamente conseguiti all'estero, la destinazione di una parte degli stessi a Marina e Piersilvio Berlusconi". In sostanza, per i giudici, "il fulcro della reticenza di Mills, in ciascuna delle sue deposizioni, sta nel fatto che egli aveva ricondotto solo genericamente a Fininvest, e non alla persona di Silvio Berlusconi la proprietà delle società off shore, in tal modo favorendolo in quanto imputato in quei procedimenti". La condanna per l'avvocato inglese era arrivata nel febbraio di quest'anno. A conclusione di un'inchiesta che tirava in ballo il premier e che aveva visto una prima ammissione di colpa di Mills. Il legale nel luglio del 2004 aveva raccontato ai pm di aver ricevuto 600mila dollari dal gruppo Fininvest per dire il falso nei processi in cui era coinvolto Berlusconi: le tangenti alla Guardia di finanza e All Iberian. Poi, nel gennaio 2009, la ritrattazione e il tentativo di discolpare il presidente del Consiglio (la cui posizione è stata stralciata in seguito all'approvazione del "Lodo Alfano" che garantisce l'imminutà alle alta cariche dello Stato). Una svolta che permise al premier di evitare il rinvio a giudizio per corruzione chiesto dia giudici nel 2006. (19 maggio 2009)
Il tribunale di Milano dà torto al gruppo che fa capo a Berlusconi che querelò il settimanale "Diario". Il giudice: "Diritto di cronaca" Le holding, le tv, la mafia Fininvest perde la causa Il magistrato ricostruisce il contesto dell'inchiesta del giornale e sulle origini patrimoniali scrive: "Il premier non rispose ed è significativo"
Silvio Berlusconi ROMA - La Fininvest perde una causa con la quale chiedeva un risarcimento miliardario contro il settimanale Diario. La querela è stata rigettata e l'azienda costretta a pagare le spese legali. La sentenza della prima sezione civile del Tribunale di Milano stabilisce che il giornale ha lavorato nel rispetto del diritto di cronaca e di critica. Ma leggendo la sentenza, quello che colpisce non è tanto l'ennesima inchiesta giornalistica su Silvio Berlusconi che finisce a carte bollate. E' piuttosto il modo in cui il giudice entra nel merito delle questioni sollevate da Diario ampliando e ricostruendo a sua volta il contesto su cui si sono mossi i cronisti. La causa è stata intentata da Fininvest nel 2001 quando alla vigilia delle scorse elezioni politiche, poi vinte dalla Casa delle Libertà, uscì in edicola lo speciale del settimanale diretto da Enrico Deaglio intitolato Berlusconeide con il sottotitolo che lo stesso magistrato giudicante definisce "significativo": Tutto quello che dovreste sapere su Silvio Berlusconi prima di affidargli le chiavi di casa. In particolare la Fininvest, che dovrà pagare 32.666 euro di spese legali, querelò Diario per il contenuto di tre articoli che racchiudono in sé le questioni fondamentali che da anni accompagnano la figura di Berlusconi: i suoi rapporti da imprenditore con la politica, le concessioni delle licenze televisive, il suo legame con Marcello Dell'Utri e con uomini legati a cosa nostra e - domanda ossessiva del film di Nanni Moretti Il Caimano - la ricostruzione delle origini patrimoniali del gruppo, cioè: "Da dove vengono i soldi?" Tutte domande note e oggetto di inchieste, articoli, libri, sentenze giudiziarie, dibattiti pubblici e televisivi. Ma ovviamente questioni che Fininvest ha ritenuto lesive del proprio onore e reputazione al punto da chiedere, oltre al risarcimento, l'eventuale pubblicazione in caso di vittoria in tribunale della sentenza sui maggiori quotidiani italiani. II legale di Fininvest, Fabio Roscioli, annuncia l'impugnazione della sentenza e si dice convinto che in corte d'Appello "confidiamo di dimostrare le ragioni della società". Ma per ora la sentenza si rivela pesante per la holding del Biscione perché il magistrato non si limita a sottolineare che i diritti di cronaca e di critica sono stati "esercitati in termini legittimi per il rispetto della verità, reale o putativa, dei fatti narrati e posti a base delle valutazioni e dei giudizi espressi". Ma fa considerazioni come queste. Riguardo all'articolo sui rapporti tra Berlusconi e la politica prima della discesa in campo, uno dei passaggi contestati da Fininvest era: "Il Cavaliere ha sempre trattato affari che con la politica c'entravano, eccome: prima l'edilizia, poi la televisione". Chiosa il magistrato, ricordando che fare attività di lobbying è legale: sono "settori nei quali interventi come quelli operati da Fininvest risulterebbero inimmaginabili senza adeguato sostegno politico". Sulle concessioni poi il giudice ricorda la storia degli ultimi trent'anni. Fatti, scrive, che possono essere "assunti come notori": dalla liberalizzazione dell'etere in ambito locale agli interventi dei pretori per oscurare le reti di Berlusconi che aveva bypassato il limite locale e trasmettevano sul territorio nazionale, i decreti del governo Craxi che sancirono "il duopolio televisivo Rai-Fininvest (tra l'altro in condizioni di assoluto favore per quest'ultima)". E ancora di più colpiscono i passi che riguardano le origini del patrimonio del gruppo, la cui ricostruzione, il tribunale definisce di "interesse pubblico rilevante". Oltre a citare i passaggi finanziari per i più esoterici e incomprensibili, il magistrato ricorda come il presidente del Consiglio decise di avvalersi della facoltà di non rispondere quando gli fu chiesto in qualità di indagato di spiegare il tema in esame. "Il che - dice la sentenza - non può restare senza significato nell'apprezzamento di un'ipotesi di diffamazione delicata come quella in esame". (21 aprile 2006)
Dai verbali degli interrogatori il verbale con il quale l'avvocato inglese ammise di aver risparmiato al premier "un mare di guai" Processo Mediaset, Mills ai giudici "Ho protetto Berlusconi" Poi il legale ritrattò: "Riaffermo che le mie precedenti testimonianze salvo gli inevitabili vuoti di memoria, erano sincere e veritiere".
L'avvocato David Mills MILANO - Una dichiarazione dell'avvocato inglese David Mills, contenuta in un verbale di cui le agenzie di stampa sono venute in possesso, conferma la copertura offerta a Silvio Berlusconi. "Non credo occorrano molte parole", ha dichiarato Mills nel corso dell'interrogatorio effettuato il 19 luglio 2004 ai pm Alfredo Robledo e Fabio De Pasquale impegnati nell'inchiesta sui diritti tv di Mediaset. "Io - ha detto l'avvocato - sono stato sentito più volte in indagini e processi che riguardavano Silvio Berlusconi e il gruppo Fininvest e, pur non avendo mai detto il falso, ho tentato di proteggerlo nella massima misura possibile e di mantenere laddove possibile una certa riservatezza sulle operazioni che ho compiuto per lui". Ieri i pm milanesi hanno fatto notificare all'avvocato Mills un avviso di chiusura delle indagini per corruzione in atti giudiziari in concorso con Silvio Berlusconi. Adesso all'avviso dovrebbe seguire una richiesta di rinvio a giudizio. Il verbale pubblicato oggi dalle agenzie di stampa si riferisce al momento nel quale all'avvocato venne mostrata dai pm una lettera che egli stesso aveva scritto al proprio commercialista, nella quale spiegava la provenienza di 600.000 dollari che l'accusa ritiene siano stati il compenso prezzo per dichiarazioni false in due processi milanesi a carico dello stesso Berlusconi. Nella lettera al commercialista del 2 febbraio 2004 l'avvocato, marito di Tessa Jowell, ministro della Cultura del governo Blair, scriveva: "Io mi sono tenuto in stretto contatto con le persone di B. e loro conoscevano la mia situazione. Erano consapevoli, in particolare, di come i miei soci si fossero intascati la maggior parte del dividendo; sapevano bene che il modo in cui io avevo reso la mia testimonianza (non ho mentito ma ho superato momenti difficili, per dirla in modo delicato) avesse tenuto Mr.B fuori da un mare di guai nei quali l'avrei gettato se solo avessi detto tutto quello che sapevo". Mills, però, il 7 novembre successivo, si presentò spontaneamente in procura e sostanzialmente ritrattò queste affermazioni, depositando anche una memoria in cui giustificava la somma sostenendo che si trattasse invece di proventi legati a investimenti in un fondo off-shore, e spiegava: "Non posso che attestare l'assenza di regalie e/o compensi dal gruppo Fininvest e/o di Berlusconi, che non siano quelli puramente professionali da me percepiti". "Riaffermo, inoltre - scrisse ancora nella memoria - con la massima enfasi, che le mie precedenti testimonianze (nei processi, ndr.), salvo gli inevitabili vuoti di memoria, erano sincere e veritiere". Sia il verbale d'interrogatorio che la memoria sono stati depositati oggi nell'udienza preliminare per il troncone principale del procedimento, che vede imputato, tra gli altri, Silvio Berlusconi per presunte irregolarità nella compravendita di diritti cinematografici e televisivi da parte di Mediaset. Nel filone riguardante le testimonianze di Mills nei processi Arces+altri e All Iberian, i pm Alfredo Robledo e Fabio De Pasquale hanno invece chiuso le indagini con l'avviso rituale, in base all'articolo 415 bis del codice di Procedura Penale che, di norma, prelude alla richiesta di rinvio a giudizio. (17 febbraio 2006)
L'ex premier accusato di falso in bilancio, come il presidente di Mediaset e di appropriazione indebita e frode fiscale. Ghedini: "Era prevedibile" Processo diritti tv, rinviati a giudizio Berlusconi e Confalonieri <B>Processo diritti tv, rinviati a giudizio<br>Berlusconi e Confalonieri</B> Silvio Berlusconi MILANO - Il Gup Fabio Paparella ha rinviato a giudizio l'ex premier Silvio Berlusconi per falso in bilancio, appropriazione indebita e frode fiscale, e il presidente di Mediaset, Fedele Confalonieri, per falso in bilancio, e anche l'avvocato inglese David Mills al termine dell'udienza preliminare sui presunti fondi neri creati da Mediaset attraverso la compravendita di diritti televisivi e cinematografici. Oltre a Berlusconi e Confalonieri, il Gup ha poi deciso che dovranno essere processate altre undici persone, accusate, a vario titolo, di falso in bilancio, appropriazione indebita e frode fiscale. Il processo inizierà il 21 novembre prossimo al tribunale di Milano. Dalla causa escono, per prescrizione, Candia Camaggi e Giorgio Vanoni, entrambi ex manager del comparto estero della Fininvest. Stando a quanto si è appreso, il gup Fabio Paparella ha disposto la prescrizione per gli episodi contestati dal '94 al '97 rinviando a giudizio Silvio Berlusconi, Fedele Confalonieri e gli altri imputati per i reati che, secondo l'accusa, avrebbero commesso dal '97 al 2000. "Era una decisione prevedibile considerato quel che è sempre accaduto a Milano", ha commentato Niccolò Ghedini che, insieme al collega Gaetano Pecorella, difende Silvio Berlusconi. Il legale del leader di Forza Italia ha aggiunto che durante l'udienza preliminare sono stati negati "in maniera sistematica i testimoni che avrebbero dimostrato l'estraneità di Silvio Berlusconi". (7 luglio 2006)
2009-09-16
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